mercoledì 23 novembre 2016

Porta Santa

In questi giorni si è parlato tanto della conclusione del Giubileo della Misericordia con la chiusura della Porta Santa. E' stato un anno davvero ricco per chi ha voluto accrescere la propria fede e di certo la chiusura del Giubileo non deve essere interpretata come il termine di tutto. La Misericordia di Dio prosegue così come da sempre è esistita. Mai come in questo momento c'è bisogno di sentirsi amati e amati da Dio.
Sono convinta che se questo Anno Santo lascia dentro di noi la consapevolezza che Dio ci ama possiamo guardare alla vita con più fiducia e al futuro con meno paura.
L'occasione di un Giubileo che termina ma di una Misericordia che prosegue mi ha ancora una volta fatto riflettere sulla mia vita.
E' da tantissimo tempo che non pubblico più sul blog, nonostante non abbia smesso di scrivere. Tante, davvero tante cose, sono passate attraverso la mia vita, soprattutto in questo anno 2016. E tutte sono ruotate attorno alla malattia improvvisa e alla salita al cielo di mio papà. E' stata un'esperienza tanto dolorosa quanto di crescita profonda. E tutto questo, sono convinta, non è accaduto per caso proprio nell'anno dedicato alla Misericordia e alle sue opere. 

Vorrei raccontarvene due in modo particolare.

Proprio per quanto scritto sopra, ad un certo punto ho avuto l'impressione che mi veniva chiesta e affidata un'opera di misericordia in particolare: consolare gli afflitti.
Voglio condividere con chi mi vorrà leggere una domanda (e poi la relativa risposta ) che mi ha accompagnata in tutti questi mesi. Durante la malattia di mio papà, la sua perdita, lo stare vicino a mia mamma mi sono ritrovata a fare (concretamente, materialmente) tante cose, tanti gesti, tante azioni, tante preghiere. Ma spesso continuavo a chiedermi: "Ma avrò davvero consolato"?
Il Signore ha voluto darmi la risposta attraverso il confronto con un mio carissimo fratello sacerdote del Sermig, il quale ha terminato dicendomi: "Se hai amato, allora hai anche consolato".
Ho deciso di regalare a tutti voi questa frase preziosa che mi porto scolpita nel cuore, perchè altri possano farne esperienza. Seppur nel vivere una fatica, è l'augurio più bello che sento di farvi.

La seconda opera di misericordia che mi ha toccato il cuore si rifà al versetto del Vangelo di Matteo "ero forestiero e mi avete ospitato". Facendo parte del Sermig e, in modo particolare, dell'Arsenale dell'Accoglienza quest'opera mi aiuta a metterni sempre in discussione, soprattutto in una quotidianità dove lo straniero fa sempre più paura, dove il debole viene sempre più escluso, dove il misero viene sempre meno considerato. Ma se da cristiana prego ogni giorno la preghiera per eccellenza (il Padre Nostro) devo impegnarmi affinchè la parola "nostro" assuma sempre di più il significato che se il Padre è di tutti noi, allora significa che noi siamo tutti fratelli, ugualmente, indistintamente. 
E per raccontare concretamente questa opera di misericordia condivido un video di un'intervista ad un altro mio carissimo fratello sacerdote del Sermig, missionario all'Arsenale della Speranza in Brasile. Il video è in lingua portoghese ma penso possa essere di facile comprensione.



In questi giorni mi veniva spesso alla mente il blog che non avevo più nemmeno aperto.
Sono contenta di averlo fatto in questa direzione!